Mer, 2010-09-29 13:05 (Ultimo agg.: Mar, 2010-11-02 15:15)

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Mafie al nord e appalti: a Milano un corso per amministratori locali organizzato con la collaborazione di Avviso Pubblico

Il consigliere David Gentili.

Inizia sabato 2 ottobre, presso la Sala delle Commissioni di Palazzo Marino, il corso di formazione intitolato Infiltrazioni mafiose nel nord Italia e appalti. Conoscere per prevenire promosso dal gruppo consiliare del Partito Democratico di Milano, con la collaborazione tecnico-organizzativa di Avviso Pubblico.

Il corso si articola in tre giornate, della durata di quattro ore ciascuna. L’intero programma del corso è consultabile cliccando qui.

Per conoscere le ragioni che hanno spinto il gruppo del PD presente in consiglio comunale a Milano ad organizzare questo corso abbiamo intervistato il consigliere David Gentili, che ne è stato il promotore.

Intervista a David Gentili, consigliere del comune di Milano

1) Perché il gruppo consiliare del PD di Milano ha deciso di organizzare un corso di formazione per amministratori sul tema “mafie al nord e appalti”?

Perché contro le mafie ci vogliono amministratori competenti, che facciano rete tra di loro. Ecco, grazie ad Avviso Pubblico noi vogliamo non solamente formare, aggiornare e diffondere buone prassi, vogliamo costituire un gruppo di Amministratori, nella Provincia di Milano, che rimanga in contatto, crei nuovi eventi formativi e di confronto, si senta parte di una rete che li può sostenere e con cui può, liberamente, confrontarsi.

2) Quanti sono gli iscritti e quali sono le vostre aspettative?

Abbiamo 58 iscritti. Più di quindici Comuni rappresentati. Un successo. Una risposta eccezionale. Abbiamo dovuto interrompere le iscrizioni perché lo spazio che abbiamo trovato avrebbe potuto essere troppo piccolo e non avremmo potuto trovarne una nuovo in così breve tempo.

E poi la sede è Palazzo Marino. La casa di tutti i cittadini milanesi non potevamo rinunciare a una sede così prestigiosa e significativa per questo primo corso.

3) Dal vostro osservatorio quanto si avverte la presenza delle mafie sul territorio milanese e lombardo?

Dopo il 13 luglio 2010 nessuno in Lombardia può ancora dubitare del radicamento del fenomeno mafioso nei nostri territori. Le indagini compiute dalla Dda milanese, anche congiuntamente con la Dda di Reggio Calabria hanno portato all’arresto di 180 esponenti della ‘ndrangheta nostrana, sono state scoperte sedici locali di ‘ndrangheta e si pensa ce ne siano almeno venti. Si è scoperta l’esistenza di una struttura di coordinamento delle locali lombardi chiamata “La Lombardia”. Durante un summit a Paderno Dugnano nel centro civico intitolato a Falcone e Borsellino, viene nominato Pasquale Zappia Mastro Generale per la Lombardia, incaricato di tenere i rapporti e contatti con la Calabria, dopo che il precedente, Carmelo Novella, viene ucciso, nel luglio 2008 perché voleva affrancarsi dalla casa madre.

4) Avete riscontrato tentativi di infiltrazione in enti locali lombardi?

Dalla lettura delle ordinanze di custodia cautelare di questa ultima inchiesta è emersa una realtà che molti continuavano a negare e molti altri non si immaginavano così ramificata, radicata e pericolosa. La presenza della ‘ndrangheta nell’imprenditoria, nella politica, nella società lombarda e milanese è sempre più un’emergenza e come tale va affrontata. Non solamente piccoli e medi spacciatori nei quartieri periferici e nelle vaste aree della movida milanese, come molti volevano farci credere, ma imprenditori nell’edilizia, nel commercio, nella compra vendita immobiliare, che con la forza dell’intimidazione e dell’usura, assoggettavano altri imprenditori, ne conquistavano le aziende, creavano con alcuni di loro alleanze, riciclando denaro sporco, falsando il mercato e gli appalti, anche grazie alle attenzioni, al sostegno e/o sudditanza di politici e amministratori pubblici influenti, in alcune occasioni affiliati direttamente alle cosche o alle Locali come abbiamo imparato a chiamarle. Dalle indagini emerge chiaro l’importanza del legame con il Consigliere comunale o regionale, l’assessore del tal comune o della Provincia. Un tema sempre presente nella tessitura della ragnatela per riciclare il ricco bottino costruito sullo spaccio di droga e armi o sull’usura e il racket. E non c’è solo collusione o sudditanza, c’è omissione ed anche molta superficialità.

5) La commissione parlamentare antimafia ha votato recentemente un codice etico per dare delle indicazioni sulle candidature. Pensa che questo tipo di strumento sia efficace? Ha qualche altra proposta da avanzare per prevenire l'infiltrazione mafiosa nei partiti e negli enti locali?

Nessun partito è e si deve sentire immune. Lo stiamo dicendo da mesi. Laddove c’è il potere ecco che le mafie bussano, minacciano, premono, corrompono, promettono voti, fanno eleggere ed eleggono direttamente propri rappresentanti. L’etica nella politica è qualcosa di estremamente diverso dall’onestà e da un comportamento penalmente non perseguibile. C’è una differenza significativa tra il comportamento di un cittadino semplice e quello di un cittadino eletto e che svolge incarichi pubblici. Una differenza che viene definita molto nitidamente dalla nostra Carta costituzionale quando all’articolo 54 ci dice: i cittadini a cui sono affidati funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore. Un dovere non richiesto a nessun altro.

È qualcosa di diverso dalla responsabilità penale. Ci sono comportamenti che da un punto di vista politico sono disdicevoli, ma che non prevedono penalmente un avviso di garanzia o un rinvio a giudizio.

Bisogna ancora una volta sottolinearlo.

Il codice varato all’unanimità dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Giuseppe Pisanu non penso sia sufficiente. Pensare che una persona che abbia ricevuto un avviso di garanzia in un’indagine di mafia possa essere candidata non è accettabile. E comunque riguarda i candidati e non gli eletti. Ma ancora di più: non mi sembra dignitoso, per la politica, demandare ai giudici la decisione ultima sulla composizione della lista. Il Codice etico del Pd va anche oltre ed esige alcuni atti di trasparenza individuale nelle appartenenze e nella gestione di risorse proprie o pubbliche, individua alcuni comportamenti non eticamente accettabili.

Mi sembra fondamentale che i candidati alle prossime amministrative sottoscrivano una dichiarazione che li impegni e li obblighi ad un’azione politica trasparente, di lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, che li impegni a denunciare qualsiasi atto di intimidazione, minaccia e tentativo di corruzione rivolto loro durante il mandato, che tuteli il partito che li ha eletti o l'istituzione per la quale svolgono un incarico di governo. Pena le dimissioni, il ritiro delle deleghe.

Sempre più spesso è capitato che politici eletti nelle Amministrazioni pubbliche fossero intercettati, fossero citati in intercettazioni, la Procura si occupasse di loro, esprimendo giudizi anche di un certo rilievo, ma che non venissero emessi nei loro confronti né avvisi di garanzia, né, tantomeno, ordinanze di rinvio a giudizio.

In questi casi diventano determinanti gli atti di indagine. I documenti delle indagini nelle quali vengono citati i politici. E gli atti devono essere acquisiti (pieno diritto delle persone citate) e devono essere messi a disposizione del partito e del comitato dei garanti che valuterà, in assenza di avviso di garanzia, se si ravveda una responsabilità politica grave che preveda le dimissioni.

(a cura di Pierpaolo Romani)

 

Il presidente di Avviso Pubblico, Andrea Campinoti, ha dichiarato:

"Il Nord Italia, e la Lombardia in particolare, sono diventati territori in cui da tempo le organizzazioni mafiose si sono infiltrate, in particolare la ‘ndrangheta. Basti pensare che su 9.198 beni confiscati alle mafie in tutta Italia, ben più di 1.007 si trovano nel settentrione e, di questi, ben 610 (il 61%) si trovano in Lombardia. La Lombardia è la quarta regione italiana per numero di beni confiscati alle cosche e la prima del Nord Italia. Nel settentrione – continua Campinoti – le mafie non si presentano con coppola e lupara. Non sparano. Si presentano in giacca e cravatta per fare affari e riciclare milioni di euro di denaro sporco, frutto in particolare del traffico di droga. Oggi chi ricopre il ruolo di amministratore locale nel centro-nord Italia deve prendere coscienza che il fenomeno mafioso non riguarda più soltanto il Mezzogiorno del nostro Paese. Per questa ragione, su richiesta del gruppo consiliare del PD di Milano, abbiamo organizzato tre importanti appuntamenti a Milano, città simbolo dell’economia e della finanza, per trasmettere specifici saperi e buone prassi a tutti coloro che in qualità di amministratori locali e impiegati della pubblica amministrazione hanno il dovere di difendere la democrazia dall’attacco subdolo e mortale delle mafie, agendo soprattutto sul versante della prevenzione”.

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