Lun, 2010-05-31 14:25

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Sicurezza, privacy, diritto di informazione si possono salvaguardare senza depotenziare il lavoro dei magistrati e delle forze dell'ordine.

Campinoti: "Modificare il DDL del governo che riforma il sistema delle intercettazioni istituendo un tavolo di lavoro comune".

“Chiedo ufficialmente al Governo in carica di modificare sensibilmente il testo del DDL n. 1611 istituendo in tempi rapidi un tavolo di lavoro con i rappresentanti della magistratura, delle forze dell’ordine, dell’informazione e di tenere conto delle diverse osservazioni proposte”. E’ quanto afferma Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico “Un ragionevole obiettivo, quello di continuare ad utilizzare le intercettazioni salvaguardando la tutela della privacy, va perseguito non con una logica di contrapposizione radicale ma con uno spirito di collaborazione e di rispetto reciproci. A tutti è chiesto un atto di pubblica e trasparente responsabilità civile, politica, istituzionale, deontologica, che implica anche il riconoscere che in passato alcuni errori ed eccessi sono stati compiuti. A nessuno è permesso di ignorare i principi sanciti dalla nostra Costituzione. La modifica del sistema delle intercettazioni– prosegue il Presidente di Avviso Pubblico­­­­ – può e deve essere l’occasione per migliorare la qualità della democrazia italiana garantendo alcuni diritti fondamentali dei cittadini – diritto alla sicurezza, diritto alla privacy, diritto all’informazione – senza demolire gli strumenti che garantiscono l’efficacia e l’efficienza del lavoro della magistratura, delle forze dell’ordine, dei giornalisti. Infine – conclude Campinoti – penso che insieme al tavolo di lavoro il Governo dovrebbe accelerare l’iter parlamentare per approvare quanto prima il DDL anticorruzione per dare un segnale concreto in favore della promozione della cultura della legalità”.  

Le intercettazioni sono uno strumento di indagine e di reperimento delle prove essenziale per la magistratura. Sino ad oggi molti pericolosi reati sono stati prevenuti e gli autori di gravi atti criminosi sono stati scoperti e arrestati grazie all’utilizzo di questo importante strumento investigativo.

Giunge oggi nell’aula del Senato il DDL n. 1611 che modifica la disciplina in tema di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, licenziato dalla Commissione Giustizia il 28 maggio u.s.. Il provvedimento modifica in modo sensibile il regime attualmente in vigore in materia, appellandosi alla necessità di rafforzare il diritto alla privacy dei cittadini, evitando la pubblicazione di intercettazioni irrilevanti ai fini dello svolgimento delle indagini.

Se la ragione della proposta di modifica del regime delle intercettazioni appare condivisibile, altrettanto non si può affermare dei contenuti del DDL n. 1611 che, anziché raggiungere un equilibrio tra incisività delle indagini e salvaguardia della privacy, rischia concretamente di depotenziare l’operato della magistratura e delle forze dell’ordine e di comprimere un diritto fondamentale in ciascun stato democratico: quello all’informazione.

Diversi sono i punti critici secondo Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico: “E’ un errore ridurre l’elenco dei reati per i quali è consentito il ricorso alle intercettazioni – diverse indagini in materia di gravi reati (es. mafia) partono indagando su reati di altra tipologia – così come allungare i tempi e modificare le modalità per la concessione dell’autorizzazione alle intercettazioni. Inoltre – continua Campinoti – l’esisto delle indagini e la garanzia della segretezza degli atti rischiano di essere compromessi dal fatto che le intercettazioni devono essere autorizzate dal Tribunale del capoluogo del distretto. Altre perplessità sono quelle relative alla norma che intende impedire agli organi di stampa di riportare notizie e atti di inchiesta fino al termine dell’udienza preliminare, anche quando questi stessi documenti non siano più coperti dal segreto istruttorio e il limite temporale di 75 giorni per intercettare, senza prevedere un’adeguata modalità per valutare una possibile proroga in funzione delle oggettive esigenze investigative. In questo modo – sostiene Campinoti – si indebolisce concretamente la sicurezza di uno Stato e dei cittadini che in esso vivono ed operano poiché si rischia concretamente di privare gli investigatori della possibilità di acquisire prove rilevanti per prevenire pericolosi reati e per identificare mandanti ed esecutori di gravi crimini. Meno sicurezza significa più garanzia di impunità; più impunità significa maggiore espansione della criminalità e dell’illegalità”.

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