Gio, 2008-12-18 14:05

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Processo "Gotha": quando la mafia fa politica. Sul sito di Avviso Pubblico il testo della sentenza

 

Sul sito di Avviso Pubblico rendiamo disponibile il testo della sentenza del processo "Gotha" redatta dal Giudice per le indagini preliminari (GUP) di Palermo, Piergiorgio Morosini.

La sentenza, che ha condannato a più di 400 anni di carcere 40 boss di Cosa nostra, illustra i rapporti tra il mondo mafioso e la politica in vista delle elezioni politiche ed amministrative del 2006.

I boss, scrive il giudice, scelgono i candidati, pretendono posti in consiglio comunale e provinciale. Bernardo Provenzano, in particolare, manifestando la sua sfiducia verso i politici, definiti "truffaldini" e "sprovveduti", decise di dare vita ad un ristretto gruppo di consiglieri che lo aiutassero a definire una strategia per interagire con il mondo politico. Il reggente di Cosa nostra dopo l'arresto di Totò Riina, scrive il GUP, scelse di «internalizzare la rappresentanza politica, ossia di mobilitare il proprio peso elettorale in favore di membri interni dell'associazione da presentare come candidati, appoggiando persone legate da stretti vincoli di amicizia o parentela al capo o ai capi delle cosche». Questo consente alla mafia siciliana di entrare e di condizionare settori chiave della vita politica, economica ed istituzionale in ciò favorita da politici dell'Assemblea regionale siciliana e da rappresentanti di enti locali.

Ricordiamo che il processo trae origine dal maxiblitz effettuato dalle forze dell'ordine il 20 giugno 2006 e denominato "Gotha" nel corso del quale furono arrestati tutti i capimandamento della città di Palermo. Tra questi anche Antonino Cinà, medico di fiducia di Totò Riina e l'imprenditore Francesco Bonura, entrambi chiamati a gestire il governo mafioso della città di Palermo, in considerazione della cattura dei membri della "Commissione" o "Cupola".

I capimandamento di Cosa nostra siciliana, come hanno captato le cimici degli investigatori, si ritrovavano in un box di lamiera adiacente la villa del capomafia Nino Rotolo che, per ragioni di salute attestate da medici compiacenti, stava scontando la sua pena agli arresti domiciliari. Rotolo era intenzionato ad assassinare Salvatore Lo Piccolo e mal tollerava il ritorno a Palermo dei cosiddetti "scappati", il gruppo di mafiosi, tra i quali gli Inzerillo, che per sfuggire alla guerra di mafia degli anni '80 erano riparati negli Stati Uniti. Il mediatore di riferimento per mantenere la pace in Cosa nostra era senza dubbio Bernardo Provenzano.

 

Link nel sito di Avviso Pubblico

 

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