Mar, 2011-01-11 14:45 (Ultimo agg.: Gio, 2010-01-13 11:15)
La corruzione la pagano i cittadini
di Pierpaolo Romani, Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico
Quanti sono i cittadini italiani coscienti di pagare ogni anno 1.000 euro a testa per una tassa occulta chiamata corruzione? Pochissimi. A certificare il peso economico di questo reato è stata recentemente la Corte dei Conti. I giudici contabili hanno stimato che ogni anno in Italia la corruzione drena risorse pubbliche per un importo di 60 miliardi di euro. A questi costi di natura economica ne vanno aggiunti anche altri. Quelli politici per esempio. La corruzione altera sensibilmente la qualità della democrazia di un paese e viola pesantemente alcuni principi basilari, in primis quello dell’eguaglianza. Un candidato corrotto dispone di maggiori risorse finanziarie per fare la sua campagna elettorale ed ha maggiori chances di vincere rispetto ad un candidato onesto. Il politico corrotto, una volta eletto, non opererà certamente per il bene comune e l’interesse collettivo – principio di eguaglianza – ma tutelerà gli interessi propri e quelli di coloro che lo hanno sostenuto economicamente (e non solo). Altri costi della corruzione sono quelli sociali. Laddove vi è corruzione la qualità delle opere pubbliche è scadente – un terremoto non particolarmente forte o un po’ più di pioggia del normale generano ingenti danni materiali, feriti e morti innocenti, sia tra i cittadini che tra i lavoratori – la meritocrazia è soppiantata dalla furbizia (si vedano le parentopoli nelle assunzioni pubbliche e nel mondo universitario), i controlli sono assenti o sensibilmente limitati, l’ambiente è devastato dalla criminalità e dall’imprenditoria che fa affari con essa. Tante persone sono morte per cancro o sono affette da gravi patologie laddove sono stati smaltiti illegalmente rifiuti tossico-nocivi.
Che la situazione italiana sia preoccupante parlando di corruzione lo attestano anche alcuni osservatori internazionali. La classifica mondiale sulla percezione della corruzione presentata nel mese di ottobre da Transparency International, quest’anno colloca l’Italia al 67° posto, preceduta da Ghana e Ruanda. È il peggior risultato dal 1995. Una recente indagine condotta da Eurobarometro – il servizio della Commissione europea che misura ed analizza le tendenze dell'opinione pubblica – ha constatato che, a fronte di una media europea del 9%, in Italia ben il 17% dei cittadini intervistati ha risposto affermativamente alla domanda se nel corso dell’ultimo anno gli fosse stata chiesta oppure offerta una tangente. L’Italia, come attestano questi dati, è un paese in cui la corruzione è fortemente percepita e diffusa ma non altrettanto denunciata e sanzionata. Lo rivelano alcune statistiche giudiziarie. Se alla metà degli anni ’90, nel pieno dell’inchiesta “Mani Pulite”, le condanne per corruzione a Milano erano 1.500 – 2.000 all’anno, negli stessi uffici milanesi nel 2009 sono state 23. In Sicilia si è passati da 138 condanne per corruzione nel 1996 a 5 nel 2006; in Lombardia da 545 a 43; da 19 a zero in Calabria. Al calo delle denunce e delle condanne, come abbiamo visto, non corrisponde una diminuzione della corruzione. Il dato da sottolineare è che negli ultimi quindici anni sono cambiate le modalità del corrompere e sono state approvate leggi che anziché favorire la prevenzione ed il contrasto al fenomeno lo hanno agevolato. Qualche esempio. Oggi la corruzione si maschera dietro l’intestazione a prestanome o a familiari di società fornitrici di improbabili consulenze ad enti pubblici, alle partecipazioni societarie incrociate estese a familiari o prestanome, alla compravendita o alla ristrutturazione di immobili, alla fornitura di droga ed escort. Per quanto riguarda le norme, nel 2001 è stata approvata legge n. 61 che ha depenalizzato il falso in bilancio, reato attraverso il quale diverse aziende hanno accumulato e accumulano fondi neri utilizzati per corrompere esponenti di partiti e della pubblica amministrazione. Nel 2005 è stata approvata la legge n. 251, più nota come “legge ex Cirielli”, con la quale sono stati sensibilmente ridotti i tempi della prescrizione di alcune fattispecie di reato, tra cui la corruzione aggravata. Questa modifica legislativa ha suscitato un fondato allarme negli ispettori della speciale commissione del Consiglio d’Europa denominata GRECO (Groupe d’Etats contre la Corruption). A questo si aggiunga che nel 2008, con il decreto legge n. 112, il Governo ha chiuso l’Alto commissario anticorruzione sostituendolo con il Servizio Anticorruzione e Trasparenza (SAeT), un piccolo ufficio collocato presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. A tutt’oggi, infine, il decreto legge contro la corruzione annunciato dal Presidente del Consiglio rimane chiuso nei cassetti delle aule parlamentari.
Per cambiare questa situazione due associazioni – Libera e Avviso Pubblico – hanno lanciato una campagna nazionale che si propone di raccogliere 1,5 milioni firme. Libera e Avviso Pubblico lanciano un appello al Presidente della Repubblica affinché solleciti il Parlamento e il Governo a ratificare importanti convenzioni internazionali e direttive europee che possono concretamente migliorare la prevenzione e la repressione della corruzione, e utilizzare per fini sociali i beni confiscati ai corrotti. Le firme possono essere apposte anche on line collegandosi ai siti www.libera.it o www.avvisopubblico.it.