Lun, 2010-11-08 13:15
Giustizia e sicurezza: le responsabilità della politica
di Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico
Da tempo in Italia il tema della sicurezza e della giustizia sono al centro del dibattito politico. Si tratta infatti di questioni che concernono la quotidianità della vita dei cittadini e che, per tale motivo, hanno assunto una particolare rilevanza nel corso delle ultime campagne elettorali. La discussione si fonda essenzialmente su specifiche criticità. In merito alla sicurezza si è diffusa la credenza che viviamo in una realtà insicura e che lo Stato e l’impianto normativo attuale non sono in grado di affrontare la situazione. Rispetto alla giustizia si constata, ormai da tantissimi anni, come i procedimenti si dilunghino troppo nel tempo e come, sostanzialmente, manchi la certezza dell’applicazione della pena. Parliamo dunque di questioni reali di cui è importante capire come vengono affrontate.
In tema di sicurezza è opportuno specificare innanzitutto che l’Italia è uno dei paesi più sicuri, in cui i reati sono in calo, come affermano sia le recenti statiche dell’Istat, a livello nazionale, che di Eurostat, a livello europeo. La credenza di cui abbiamo parlato sopra è dunque errata e va decisamente contrastata. Chi fa politica, dunque, non solo deve smascherare e contrastare gli stereotipi ma, parlando di sicurezza, deve assumersi la responsabilità di non confinare questo tema esclusivamente nel capitolo dell’ordine pubblico. In termini concreti questo significa che il garantire più sicurezza non può tradursi in continue modifiche del codice penale o nell’identificare il pericolo in determinate categorie sociali per ottenere consenso elettorale. La sicurezza è una tema tremendamente serio e complesso, che dobbiamo collegare alla qualità della vita in generale. Essa, pertanto, va costruita coniugando interventi sul versante repressivo dell’illegalità a interventi sul versante preventivo, attuando politiche volte alla costruzione del benessere delle nostre comunità. Questo significa fornire di mezzi e risorse le forze dell’ordine e della magistratura, da una parte, e, dall’altra, di investire in modo consistente sulle politiche sociali, sulle politiche urbanistiche, sulle politiche che promuovo la cultura della partecipazione dei cittadini alla vita della comunità.
In merito ai problemi della giustizia di cui si è fatto cenno, le soluzioni proposte non paiono andare nella direzione giusta e sperata. Si discute, infatti, di provvedimenti legislativi come il “processo breve”, il “lodo Alfano”, il “limite alle attività di intercettazione”. La percezione è che questi provvedimenti mirino a tutelare e salvaguardare interessi particolari anziché collettivi, con il rischio concreto di incorrere in palesi violazioni della nostra Costituzione. Una giustizia veloce e certa ha bisogno di altro. Per esempio: della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, della distribuzione più razionale delle risorse umane e finanziarie (es. copertura degli organici delle procure), della dotazione di mezzi, di un maggior ricorso all’utilizzo delle nuove tecnologie, di una semplificazione normativa e non di una sovrapproduzione normativa, di carceri in cui per i detenuti sia realmente possibile percorrere un cammino di effettiva rieducazione. Molte situazioni possono essere risolte inoltre senza prevedere il ricorso al giudice ricorrendo, ad esempio, alla cosiddetta mediazione penale.
In termini generali e, nello specifico, sia in tema di sicurezza che di giustizia, la politica ha un compito ben preciso: esercitare la responsabilità della scelta e farlo in modo credibile. Questo, si traduce in un principio molto semplice: chi liberamente decide di fare politica non può godere di situazioni di privilegio, di un maggiore diritto; chi fa politica e ricopre incarichi istituzionali ha un dovere e una responsabilità in più di ogni altro concittadino.