Lun, 2008-04-14 10:30

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Il ritorno alle urne per sedici consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa

Sono in totale sedici i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa in Campania, Calabria, Sicilia e Lazio che ritornano al voto. Sul tema pubblichiamo questo articolo inviatoci da Antonio Maria Mira, di Avvenire:

 

Una buona notizia ma anche molta preoccupazione e, purtroppo, anche tanta disillusione. Domani tornano al voto, dopo lunghissimi commissariamenti, durati anche più di due anni e mezzo, ben sedici comuni sciolti per infiltrazione da parte della criminalità organizzata: uno nel Lazio (Nettuno), sette in Campania (Afragola, Boscoreale, Casoria, Crispano, Melito di Napoli, Pozzuoli, San Tammaro), uno in Calabria (Nicotera) e sette in Sicilia (Burgio, Castellammare del Golfo, Riesi, Roccamena, Terme Vigliatore, Torretta, Vicari). Un totale di circa 500mila elettori. Un vero record, un fenomeno, quello dei condizionamenti mafiosi sui consigli comunali, spesso trascurato. Infatti se in sedici comuni si tornerà al voto, in altri quattordici i commissari restano e le nuove elezioni appaiono ancora molto lontane: sette in Campania (Arzano, Casalnuovo di Napoli, Casaluce, Lusciano, Marcianise, San Cipriano d'Aversa, San Gennaro Vesuviano), cinque in Calabria (Parghelia, Platì, San Gregorio d'Ippona, Semeria, Soriano Calabro), due in Sicilia (Cerda e Campobello di Licata). Il tutto costituisce una fotografia certo non tranquillizzante: trenta comuni sciolti per inquinamento mafioso, oltre a tre Asl (due in Calabria, quella di Lori e la n.5 di Reggio Calabria e una a Napoli, la n.4 di Pomigliano d'Arco) rappresentano un livello mai raggiunto da quando esiste la legge che permette tale tipo di intervento, cioè dal lontano 1991 nel pieno dell'emergenza mafia, tra delitti eccellenti e stragi. Ma oggi, evidentemente, non va certo meglio se il ministero dell'Interno deve intervenire in continuazione con gli scioglimenti: 13 nel 2005, 10 nel 2006, 6 nel 2007, 4 nel 2008 fino ad ora. Con alcune zone particolarmente a rischio. In testa la provincia di Napoli con otto comuni sciolti, segue quella di Caserta con cinque, poi con quattro Palermo e, a sorpresa, Vibo Valentia, piccola provincia dove però la pressione delle cosche della 'ndrangheta, in particolare quelle dei Mancuso e dei Fiarè, appare pesantissima. E allora non ha certo tutti i torti il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso quando afferma: "E' triste doverlo ammettere ma vi sono delle zone nel nostro Paese in cui bisogna paradossalmente proporsi non tanto di difendere le amministrazioni locali dalle infiltrazioni mafiose, quanto piuttosto infiltrare lo Stato in un territorio che non gli appartiene". E' quello che hanno provato a fare in questi anni i commissari inviati dalle prefetture a gestire questi comuni. Con molte difficoltà e scarsa collaborazione, soprattutto tra i dipendenti comunali, ma anche con buoni risultati, almeno sul fronte del ripristino della legalità e, spesso, del buon governo.

Cambierà qualcosa col voto di domani? A vedere i precedenti non c'è molto da sperare. Dei sedici comuni che tornano al voto, tre escono dal secondo scioglimento: Afragola, Boscoreale e Riesi. Mentre sono addirittura cinque tra quelli che invece non votano: Lusciano, San Cipriano d'Aversa, San Gennaro Vesuviano, Seminara e Cerda. Questi otto comuni negli ultimi anni hanno avuto per più tempo i commissari prefettizi che un consiglio comunale democraticamente eletto. E non è certo un buon segno. Un fenomeno preoccupante al quale la Direzione nazionale antimafia dedica svariate pagine nella Relazione annuale.

"Com’è agevole intuire - si legge nel capitolo elaborato dal sostituto procuratore Alberto Cisterna - è in gioco l’interesse supremo dello Stato a che si eviti la transizione da forme di condizionamento/infiltrazione ad ipotesi di vero e proprio “governo mafioso” delle risorse pubbliche, in cui lo sviamento delle funzioni amministrative e l’asservimento dei quadri di gestione risulterebbe irreparabile o irreversibile". Parole molto chiare. Da tempo si dice che la normativa in materia andrebbe profondamente cambiata soprattutto per dare più mezzi e poteri ai commissari, e per poter "mandare a casa", oltre ai politici collusi anche i dipendenti comunali organici alle cosche, cosa che oggi è praticamente impossibile. Una completa riforma in tale senso era stata approvata all'unanimità (un buon segno) dalla commissione parlamentare Antimafia, ma la chiusura anticipata della legislatura ha fermato tutto. Sarebbe importante che, chiunque vinca, la si riprenda per approvarla rapidamente. Darebbe davvero un'importante arma in più per sconfiggere il pericoloso intreccio mafia-politica.

 

Antonio Maria Mira

Avvenire, 12 aprile 2008

 

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