Mer, 2006-05-24 11:40

» Archivio notizie

Ricordando Giovanni Falcone

Sabato 23 maggio 1992, alle 17,58, sull'autostrada Palermo – Punta Raisi, all'altezza di Capaci, una potente carica esplosiva faceva letteralmente saltare in aria i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tre giovani agenti di scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Rocco Di Cillo. A premere il pulsante del timer collegato al tritolo fu Giovanni Brusca, lo stesso mafioso che qualche anno dopo provvide a strangolare e a sciogliere nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo.

Il 20 aprile scorso la Corte di Assise d'Appello di Catania ha condannato all'ergastolo 13 persone nel processo sui mandanti delle stragi di Capaci e di via D'Amelio. All'ergastolo sono stati condannati i boss Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella, Salvatore Buscemi, Francesco e Giuseppe Madonia, Giuseppe Montalto, Carlo Greco, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate, Giuseppe Calò, Antonino Geraci e Benedetto Spera. Il collaboratore di giustizia, Antonino Giuffré ha ricevuto una condanna a 20 anni e l'altro collaboratore Stefano Ganci, a 26 anni.

Si tratta di un risultato molto significativo nonostante i lunghi tempi necessari per raggiungerlo. In questi quattordici anni sono state raggiunti altri importanti traguardi. Sono stati arrestati i due capi di Cosa Nostra, Totò Riina (15 gennaio 1993) e Bernardo Provenzano (11 aprile 2006), oltre ad altri importanti boss di mafia. Sono stati confiscati 6.556 beni, per un valore di 4,3 miliardi di euro. La società civile e gli amministratori pubblici si sono organizzati: sono nate Libera e Avviso Pubblico. Oggi alcune centinaia di giovani del Mezzogiorno non sono più costretti a migrare dalle loro città ma, grazie alla legge 109 del 1996, possono dignitosamente lavorare nelle loro terre calabresi, siciliane, pugliesi confiscate alle mafie e vendere i prodotti realizzati in tutta Italia ( www.liberaterra.it ).

I giovani, a Locri e a Palermo, hanno deciso di ribellarsi alle mafie, di rifiutare la violenza, l'omertà, l'intimidazione. Hanno creato gruppi impegnati contro la ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e il pagamento del pizzo, la tassa che le mafie impongono per ottenere denaro e imporre la loro signoria. Si tratta di concreti segnali di speranza, che testimoniano come le mafie – organizzazioni criminali segrete formate da persone, armi e denaro – non siano né invisibili, né imprendibili, né invincibili. Tuttavia dobbiamo impegnarci ancora di più e con più continuità, perché le mafie non sono state ancora sconfitte.

In particolare la politica deve fare di più. Alcuni giorni prima delle recenti elezioni nazionali il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, lanciò un appello ai partiti chiedendo loro di non candidare persone sospettate di avere rapporti con i mafiosi o, addirittura, oggetto di indagine da parte della magistratura. Un appello importante, che pare essere stato scarsamente percepito, se non, in alcuni casi, completamente ignorato. Eppure è un autorevole appello che occorre rilanciare in vista delle prossime scadenze elettorali.

Non dobbiamo dimenticare che dal 1991 al giugno 2005, in Italia sono stati sciolti 141 consigli comunali per infiltrazione mafiosa e non solo nel sud del Paese, a dimostrazione che le mafie non solo hanno esteso la loro azione al di fuori dei territori dove storicamente sono nate, ma che esse hanno bisogno della politica per fare affari, per ottenere l'impunità e per mantenere il controllo del territorio.

Coscienti di questa situazione il 22 maggio 1996 abbiamo dato vita ad Avviso Pubblico. Enti locali per la formazione civile contro le mafie, una rete di Comuni, Province, Regioni e Comunità Montane decise a lottare contro le mafie promuovendo, con progetti concreti, la diffusione della cultura della legalità democratica nella politica, nella pubblica amministrazione e sui territori da essi governati. Abbiamo cercato e stiamo cercando di mettere in collegamento tra di loro gli amministratori locali che operano concretamente per la legalità, offrendogli un adeguato supporto e una serie di servizi e progetti specifici. In particolare stiamo cercando di farlo soprattutto nei confronti degli amministratori locali associati ad Avviso Pubblico che nella loro quotidianità sono minacciati dalle mafie.

Molto è stato fatto in questi quattordici anni, ma molto resta ancora da fare. È con la consapevolezza di questo rinnovato impegno che Avviso Pubblico intende ricordare Giovanni Falcone e tutte le vittime delle mafie.

Andrea Campinoti
Presidente di Avviso Pubblico


torna su